Vi sono “luoghi” in cui una comunità tende a identificarsi e che sono simboli di appartenenza locale: scenografie talmente familiari da essere entrate a far parte dell’immaginario e della memoria comuni della popolazione.
Dallo scorso mese di agosto il gruppo parrocchiale del Lido degli Estensi, insieme alle associazioni e ai numerosi cittadini che ne hanno condiviso le istanze, ha portato avanti una campagna di sensibilizzazione rivolta all’amministrazione comunale perché assuma l’impegno di rispettare e salvaguardare la bellezza del nostro territorio e, in particolar modo, i patrimoni ambientali che rappresentano – assieme alle spiagge – la nostra migliore offerta agli ospiti estivi di questo tratto del litorale.
Si è parlato recentemente sulla stampa di “ambientalisti dell’ultima ora”, senza valutare il fatto che non c’è alcuna necessità di definirsi “ambientalisti” o “ecologisti” per ambire a una qualità dell’abitare migliore e a un tessuto urbano più variegato e salubre (si ricorda che per la Convenzione Europea di Firenze dell’ottobre 2000 il “paesaggio” è la parte del territorio così come è percepita dalla popolazione!). E senza contare che le pinete che stiamo cercando di difendere dall’incessante consumo di suolo che affligge la nostra costa costituiscono non solo patrimonio ambientale, ma anche storico-culturale.
E’ certamente molto più facile dimostrarlo per il caso dell’antica pineta di Ravenna, cantata da poeti quali Dante e Boccaccio, rispettivamente nella Divina Commedia (Purgatorio XXVIII 19-21) e nel Decamerone (Novella di Nastagio degli Onesti); pineta, quest’ultima, anch’essa minacciata dalla rapida espansione economica tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento e quindi presa a cuore da Luigi Rava, deputato e poi ministro del Regno d’Italia (a questo proposito, cfr. A. Malfitano, Alle origini della politica della tutela ambientale in Italia. Luigi Rava e la nuova pineta storica di Ravenna, “Storia e Futuro” 1 [2002] 1-18).
Eppure, la pineta che contraddistingue la morfologia territoriale dei Lidi Estensi e Spina, e che oggi si presenta in forme assottigliate e immerse nel tessuto urbano, gode anch’essa di un valore storico importante, seppur di costituzione non plurisecolare. Forse non tutti sanno che il 2 giugno 1932, ricorrendo il cinquantesimo anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi, le autorità provinciali del tempo, tra cui Italo Balbo e Nello Quilici, si recarono a Porto Garibaldi per la commemorazione. Nel pomeriggio Balbo e Quilici attraversarono in barca il porto canale e si portarono nella tenuta detta “Scaglia”, attuale Lido degli Estensi, dove trovarono un deserto di sabbia privo di vegetazione. Secondo il racconto esposto in una delle pubblicazioni di Alberto Felletti Spadazzi, fu in questa occasione che Quilici propose di piantare una pineta per poter riscattare quella zona dalla sua desolazione. La felice intuizione (per l’industria turistica che si sarebbe in seguito sviluppata) fu favorevolmente accolta da Balbo e una settimana più tardi il Generale Agostini, comandante nazionale della Milizia Forestale, si recò a Comacchio per trattare con il proprietario Giuseppe Patrignani la piantumazione della pineta. L’anno successivo, il 1933, ebbe inizio il rimboschimento che avrebbe interessato l’area compresa tra il fiume Reno e il porto canale di Porto Garibaldi. La giovane pineta prese il nome di “Bosco dell’Impero” e divenne sede della “Colonia Marina Anita Garibaldi”, sorta per ospitare i ragazzi della provincia nel periodo estivo, e del “Campeggio Marino Italo Balbo”.
Gli 11 "pini domestici" (pinus pinea) che pochi giorni fa sono stati abbattuti in Via Giorgione al Lido di Spina, grazie al PRG vigente del Comune di Comacchio e al permesso di costruire rilasciato dal Settore Urbanistica, avevano pertanto 77 anni e una genesi fortemente voluta per la “valorizzazione” della zona un tempo detta “Destra del canale di Magnavacca”.
Anche per questo motivo i superstiti boschi di pini che contraddistinguono i Lidi Estensi e Spina possono considerarsi fondanti di un’identità litoranea ferrarese altrimenti assai labile: la loro capacità evocativa di ricordi non sfugge nemmeno ai turisti che da trenta o quarant’anni sono fedeli all’appuntamento estivo anche per la piacevolezza del soggiornare all’ombra dei pini. I tagli compiuti ai danni di queste residue pinete sono solo iniziati e non cesseranno se qualcuno non si farà carico della loro salvaguardia.
E’ ovvio che le amministrazioni comunale e provinciale, da parte loro, siano più sensibili allo sviluppo della remunerativa industria del “bagnante” piuttosto che al mantenimento di zone verdi presunte improduttive, ma il rischio è quello di mirare a un lucroso presente senza alcuna visione matura e coscienziosa del futuro, con inevitabile danno, nel tempo, anche di chi dal turismo trae la propria ricchezza.
Certamente l’equilibrio tra esigenze di modernizzazione turistica e urgenze di tutela ambientale è difficile, ma tutte le società contemporanee, civili, sono chiamate a mettere al centro del dibattito l’uso del proprio territorio con il coinvolgimento più alto possibile dei cittadini che lo popolano e lo rendono vivo.
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